Muri, broli, orti e giardini: il verde nel paesaggio urbano di Este - 4-19 novembre

MUBROG_MURI, BROLI, ORTI E GIARDINI: IL VERDE NEL DISEGNO DEL PAESAGGO URBANO DI ESTE
Dal 4 al 19 novembre, la Sala Turi Fedele (ex Chiesetta dell’Annunziata) di Piazza Trento diventerà teatro della mostra di dedicata al verde nel disegno del paesaggio urbano della Città di Este.

“MuBrOG_Muri, broli, orti e giardini: il verde nel disegno del paesaggo urbano di Este” è un progetto proposto dall’Associazione Italia Nostra Onlus, Sezione di Este, che si è potuto realizzare grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo (a valere sul bando  “Cultura ONLIFE 2022”) e alla partecipazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Este, a cui si sono affiancati altri partner come la Fondazione LandScapeFor, la Fondazione I.R.E.A. Morini-Pedrina, PuntoQuadro e InVarianti. 

La mostra, che verrà allestita nella sala Fedele-Carminati (ex Chiesetta dell’Annunziata) in Piazza Trento ad Este dal 4 al 19 novembre, esporrà per la prima volta mappe e disegni d'archivio utili a comprendere l’assetto della città e le sue trasformazioni: una prima tessera tematica per fare emergere le dinamiche che hanno contribuito a formare il complesso puzzle del paesaggio di Este.

Il progetto ha consentito, tra l'altro, di iniziare la catalogazione e la digitalizzazione delle mappe e dei disegni dell'Archivio Storico ottocentesco di Este, dotandolo di un database di consultazione; di coinvolgere 4 giovani studenti-stagisti nel lavoro di catalogazione e nella realizzazione degli eventi; di sviluppare la piattaforma digitale georeferenziata AtlasForEste, mostrando parte dei materiali in mostra; di realizzare brevi video di alcuni siti verdi di particolare interesse.

Inoltre è previsto il coinvolgimento di docenti e scuole di Este nel progetto di educazione al paesaggio “In20amo il paesaggio”, curato per l’intero Veneto dal Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità dell’Università di Padova in collaborazione con l’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia, con la direzione della professoressa Benedetta Castiglioni e la promozione dell’Osservatorio regionale per il paesaggio.

All’interno dell’esposizione, si svolgerà anche la conferenza “Una città invisibile? Il settore occidentale della Este romana tra conoscenze, nuovi dati e ipotesi future”, venerdì 17 novembre alle ore 18.00. 

La mostra sarà inaugurata sabato 4 novembre alle ore 17 e sarà aperta dal lunedì al venerdì dalle 16 alle 19 e sabato e domenica dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.

Breve sintesi storica dei contenuti della mostra

Dalla fine dell’età del Bronzo (XII secolo a.C.) fino all’età Romana (nei primi secoli d.C.) Este è un porto di scambio interno prezioso e attrezzato, una “città isola” con il nucleo urbano racchiuso tra il ramo imponente dell’Adige (Athesis da cui prende il nome Ateste) a sud e i corsi d’acqua secondari che vi confluivano cingendo la città, protetta a nord dalle propaggini meridionali dei Colli.
Dopo la rotta dell'Adige del 589 d.C. - quando il fiume sposta il suo alveo molti chilometri più a sud - il sito rimane comunque favorevole, tanto che attorno all’anno 1000 a ridosso del promontorio collinare è attestato un insediamento militare protetto da mura, via via ampliato e modificato fino a diventare un vero e proprio castello, distrutto nel 1249 e subito ricostruito ampliandone la cinta muraria e riunificando i borghi che componevano la città sottostante, circondata dal canale Bisatto già deviato nel 1140 dal Bacchiglione. 
All'inizio del XV secolo, dopo la spontanea dedizione della città alla Repubblica di Venezia, viene eretta un'ulteriore cinta muraria che ingloba tutto il nuovo centro urbano di Este, in gran parte rafforzando lo spalto interno del Bisatto.
Le prime mappe che, a partire dalla metà del XV secolo, riportano la morfologia del sito e dell’insediamento atestino danno conto non solo della conformazione “a isola” dell'insediamento urbano ma anche dello stretto rapporto tra colli - città - fiume e pianura” che continuerà a caratterizzarne la storia e l’immagine.
L’impianto urbano di Este è fornito con maggiori dettagli dal “Dessegno della terra di Este” del Lonigo datato 1566 dove compaiono, oltre alle mura cittadine, anche i primi accenni al verde dei broli, e dalla veduta “Ateste” del Franchini datata 1775 preceduta dal bellissimo disegno a penna custodito presso il Museo Nazionale Atestino, mostrato per la prima volta e riprodotto in grande formato per  questa mostra.
Sebbene il ruolo del verde nell’impianto della città entro il Bisatto sia relativamente modesto, le vedute del ‘700 scendono in dettaglio sulla parte rurale delle tenute, sui broli cinti da mura e coltivati a frutta o a vigna, sugli orti ben organizzati, sui giardini che in città sono disegnati da viali più o meno alberati, geometriche aiuole, pergolati e financo peschiere.
Sono giardini delle residenze di pregio, dove però il verde, a differenza del modello della villa veneta che siamo abituati a considerare, non è in rapporto organico con il paesaggio aperto circostante (mancano ad esempio i viali prospettici, le quinte boscate, il corso d’acqua). I giardini e i broli sono costretti in spazi chiusi tra muri di cinta e argini sempre più alti. Insomma, chi vive a Este, con la campagna a disposizione e i Colli a portata di mano, non sente ancora l’esigenza di un “verde pubblico”.
Di “passeggio pubblico” - e addirittura di ippodromo - la Giunta comunale discute a metà XIX secolo, ma solo per ricollocare il mercato del bestiame di Viale Fiume e gli stalli in via Vigo di Torre, mossa da problemi di igiene piuttosto che da reali esigenze di spazi pubblici nel verde. 
Nel 1887 l’acquisto del Castello da parte del Comune e la decisione di utilizzarlo come giardino pubblico e come foro boario risolvono definitivamente la questione.
Nel dopoguerra a ridisegnare la città saranno le necessità funzionali: le pertinenze verdi degli edifici in capo al Comune sono le prime ad essere utilizzate per scuole, campi da gioco o palestre e per i parcheggi.
Così, fino alla fine del millennio, parlare di “verde” o di “paesaggio” ha significato guardare ai Colli (anche se aggrediti dalle cave) o alla pianura (anche se invasa da capannoni e centri commerciali): della città senza verde nessuno si è preoccupato. 
Solo da poco gli atestini, perduto il contatto con le aree dell’agricoltura e invasi dalle auto, chiedono aree a verde pubblico dentro il tessuto urbano.
In attesa di nuovi "progetti del verde" ricordiamoci che a Este il Castello mostra quanti vantaggi si possano ricavare dal riutilizzo del verde preesistente, dei giardini storici e delle piante secolari: sono già pronti e ombrosi, disegnati da esperti dell’Arte dei Giardini, ben acclimatati e solo da mantenere.